Business is Business?

Stivali in gomma1Circola sulla rete in questi giorni del dopo-alluvione una foto interessante. Si tratta del listino prezzi di un grande magazzino di Olbia, una filiale di una rete di punti vendita diffusi in diversi centri della Sardegna e molte altre regioni d’Italia.

Premetto di non sapere se la foto sia vera o no, ma se fosse vera non mi sorprenderebbe neanche un po’. In questa foto si leggono i prezzi di alcuni beni particolarmente “sensibili” in questi giorni di fango, idrovore e pale. Stivali di gomma di diversi tipi, con prezzi variabili da 24,90 a 69,90 euro. Così, a occhio,  i prezzi non mi sembrano altissimi, ma non ne sono sicuro, e poi il punto importante è che la foto sia stata diffusa nei social network per denunciare una speculazione:  prima dell’alluvione gli stivali costavano meno ed ora i prezzi sono stati maggiorati per lucrare sulla disperazione della gente. Questo il messaggio.

Se così fosse, dicevo, non mi sorprenderebbe, affatto. Nel 2004, quando l’uragano Charley devastò la Florida, morirono ventidue persone e ci furono danni per 11 miliardi di dollari, seguì una grande solidarietà ma anche episodi meno nobili: un negoziante di Orlando fece passare improvvisamente il prezzo dei sacchetti di ghiaccio da $2 a $10. Mancava l’energia elettrica in molte abitazioni e per conservare i cibi il ghiaccio era diventato indispensabile. Molti alberi poi, erano caduti sui tetti delle case. Le ditte specializzate in rimozioni chiedevano  fino a $23.000 per intervenire. I gruppi elettrogeni passarono da $250 a $2000. Un albergo si offrì di ospitare un anziano disabile e sua figlia che avevano perso la casa per la cifra di $160 a notte. Il costo della stessa camera era stato fino a pochi giorni prima di $40  (questi e altri dati sono riportati  da Michael Sandel, nel suo  Giustizia. Il Nostro bene Comune. Feltrinelli, 2009. Qui le sue lezioni introduttive ad Harvard).

Bisogna però anche ricordarsi cosa accadde nel 2011 all’indomani dello tsunami e della tragedia di Fukushima. I biglietti sui voli Alitalia dal Giappone  per l’Italia salirono di prezzo in mondo ragguardevole. Coloro che in quei giorni volevano tornare in fretta in patria si videro proporre tariffe per un volo di sola andata, fino a 10 mila euro. Fu necessaria una mobilitazione, con tanto di raccolta firme e l’intervento del Ministero degli Esteri, affinché la “compagnia di bandiera” dei valorosi capitani coraggiosi (!) riducesse i prezzi, introducendo poi anche una tariffa agevolata.

Che succede in questi casi? Perché queste schifezze? Lo spieghiamo   agli studenti nelle prime lezioni del primo anno di economia (io no, perché insegno solo alla specialistica, ma molti dei miei colleghi che insegnano al primo anno lo fanno, più o meno volentieri…) . E’ il mercato, non i singoli, che nel libero gioco di domanda e offerta, stabilisce il prezzo. Se la domanda di stivali, ghiaccio o gruppi elettrogeni, per qualche ragione aumenta improvvisamente (come dopo una catastrofe naturale) e l’offerta di quei beni rimane inalterata, allora il loro prezzo salirà. I venditori proveranno a vendere a quel prezzo maggiorato e se troveranno qualcuno disposto a comprarli allora il prezzo salirà. Vuol dire che quei beni saranno diventati improvvisamente preziosi e ci sarà un maggior numero di persone disposte ad acquistarli anche ad un prezzo elevato. Se invece nessuno li comprerà a quel prezzo, allora quello tornerà a scendere. Il prezzo, in questo senso, rappresenta null’altro che  il valore sociale di quei beni. Il valore che la gente, sul mercato, LIBERAMENTE attribuisce a quei determinati beni.

Prima di indignarvi oltre ogni limite, pensando a quale turpitudine può muovere coloro che speculano sulle disgrazie altrui,  immaginate  come reagireste se qualcuno venisse da voi e vi dicesse: “guarda che tu, anche se ci sono persone disposte a pagarlo, non puoi affittare il tuo appartamento ad un canone superiore ad una certa cifra”. Direste, giustamente voi: “E per quale motivo? Con quale diritto vieni a dirmi che, se qualcuno vuole pagare 600 euro per affittare il mio appartamento che li vale tutti e anche di più, io sono obbligato a chiederne massimo 300?” O se qualcuno vi dicesse che, per legge, non potete fare ripetizioni di matematica a più di 5 euro l’ora anche se i vostri studenti sarebbero disposti a pagare anche 30. O se il quadro cha avete appena dipinto non può essere venduto, ma dev’essere regalato, magari a quella data persona che vi indica l’autorità preposta, anche se voi sapete con certezza che tizio, invece, sarebbe disposto a comprarvelo per 5000 euro? E allora, però, mutatis mutandis, perché se le persone sono disposte a spendere 70 euro per comprare gli stivali di gomma, o 2000 dollari per un generatore che ne vale 250, qualcuno dovrebbe impedire a chi li vende di proporli a quel prezzo? Se blocchiamo il meccanismo del prezzo le conseguenze, tutto considerato saranno positive o negative? O, se vogliamo essere più sofisticati, in quali occasioni è giusto intervenire sul meccanismo del prezzo e in quali, e per quali ragioni, invece no?

Però c’è un però. Intanto non  tutti i beni sono uguali, e se  credo che una Lamborghini Aventador valga per me più di 300 mila euro, sono del tutto libero di spenderli. Cosa diversa è che un bene diventi improvvisamente prezioso e quindi costoso perché necessario per soddisfare bisogni diventati improvvisamente urgenti. Dietro si nasconde, la speculazione, l’avidità e la totale assenza di civismo. Molte persone, per fortuna, si comportano diversamente, come quelli che invece di vendere il loro tempo, divenuto essenziale, proprio nei momenti in cui la manodopera varrebbe di più, decidono di donarlo volontariamente, andando in giro a spalare fango nelle case di sconosciuti. O come chi invece di affittare i letti di casa loro agli sfollati, gli aprono le porte di casa gratuitamente e con quel calore umano che nessuno potrebbe né vendere, né comprare.

Allora, alla luce di quanto detto, si pongono almeno due questioni importanti. La prima riguarda cosa insegnano ai nostri studenti? Alle future generazioni di economisti, amministratori locali, dirigenti… La realtà è complessa, il mercato è una gran bella cosa, se compreso bene, però quanto tempo dedichiamo a lezione a distinguere una Lamborghini da un vaccino o da un paio di stivali in gomma il giorno dopo un’alluvione?  Secondo: il mercato ha due lati, l’offerta e la domanda. Troppo spesso stiamo lì a giudicare i difetti dell’offerta senza sottolineare le potenzialità della domanda. Non credo che a Olbia, quel punto vendita che ha messo in mostra il listino prezzi della foto, sia l’unico rivenditore di stivali. Se quello che il direttore del punto vendita ha fatto non ci piace, per QUALSIASI ragione, mandiamogli in rosso il bilancio. Noi come consumatori possiamo reagire esercitando il nostro sacrosanto “voto con il portafoglio”. Tu non mi piaci? E io non compro i tuoi prodotti! Tu te ne approfitti? E io non compro i tuoi prodotti! Tu fai il furbo alle spalle di chi a perso tutto? E io non compro i tuoi prodotti, magari tento anche di convincere i miei amici e gli amici dei miei amici a fare lo stesso, per far uscire dal mercato chi si comporta come te! Fine della storia! Squallido approfittatore! Il mercato è anche questo e se tu stai sul mercato devi accettare le sue regole, bellezza!

Per far sì che questa logica sia giusta, però, è necessaria l’informazione. Sapere cioé se veramente quella foto indica un aumento speculativo dei prezzi. Qui qualche giornalista di buona volontà sarebbe decisamente utile. Una volta appurata la verità dei fatti, business is business e allora… in bocca al lupo agli speculatori!

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